Nella notte di Hallowen [ITA/ENG]

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(Edited)

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Di seguito il mio racconto scritto per partecipare al contest Trick or Treat organizzato da @hivebuzz.

Nella notte di Hallowen

Di solito accadeva solo nella notte di Halloween, almeno le prime volte, poi, purtroppo, divenne più frequente e non seppi più controllarlo.
Tutto iniziò appunto una notte di Hallowen di molti anni fa, quando insieme ad i miei amici, facemmo il giro dell’isolato mascherati, urlando il classico “dolcetto o scherzetto”.
Ricordo che io mi mascherai da scheletro, indossando un cappuccio sul volto ed una tuta su cui, malamente, avevano disegnato le ossa, qualcuna mancante oltretutto. Dovetti accontentarmi in quanto non era un bel periodo per i miei genitori, soprattutto dal lato economico e quindi non poterono spendere più di tanto in quella che loro consideravano una delle feste più stupide dell’anno.
”Dagli americani prendiamo solo le cose più inutili.” borbottava ogni anno mio padre, ma io mi divertivo, almeno fino a quella notte.
Vestito da scheletro dunque, visitammo quasi tutte le case dei vicini, rimediando poco e niente visto che non era costume, appunto, festeggiare la notte degli spiriti ed eravamo noi, i primi bambini ad andare in giro e le persone che ci aprivano la porta restavano sbigottiti, non per il nostro aspetto, ma perché non erano affatto abituati a ricevere tali visite e per questo, il nostro bottino era così povero.
”Dai, proviamo ad andare nella casa del vecchio.” disse ad u n certo punto un mio amico, sistemandosi meglio la maschera da zombie due volte la sua taglia, grande al punto che ad ogni passo si spostava sul viso coprendogli gli occhi, impedendogli di vedere dove stesse andando.
Un brivido percorse la mia schiena a quelle parole e mi accorsi che anche gli altri furono a disagio, ma nessuno disse nulla per non essere chiamato fifone.
”Si dai, andiamo.” incalzai volendo passare per quello coraggioso, fingendo di incamminarmi mentre gli altri restarono di sasso. ” No no, dove vai.” dissero quasi in coro facendomi voltare di scatto.
Li guardai e qualcosa in me cedette, sostituendo la paura alla curiosità e quello fu la mia rovina.
Nella nostra cittadina viveva un vecchio di fatto molto strano. Abitava da solo in una casa in fondo ad una delle strade più isolate e raramente lo si vedeva in giro se non al crepuscolo e quasi sempre, inverno ed estate, con indosso un cappello calcato sulla testa e degli occhiali molto scuri, tanto che nessuno ne avesse mai visto il volto. Appariva nel giardino di casa sua, solo per pochi attimi, poi come era apparso, scompariva facendo iniziare a chiedere alla gente come facesse a vivere, visto che mai nessuno lo aveva incontrato in giro a fare compere.
Aveva destato interesse all’inizio, poi tutti ci si abituarono e si dimenticarono di lui, tutti tranne i ragazzi che invece iniziarono a far circolare voci su di lui, tanto che alla fine divenne il “vecchio strano o il vecchio pazzo”.
Con questa curiosità dell’ignoto dunque, mi incamminai verso la sua casa e quando giunsi, mi resi conto che nessuno aveva osato seguirmi e con un sorriso sottile sul volto nascosto dal cappuccio, iniziai a scrutare il muretto di cinta in cerca di un buco o comunque di un varco da poter attraversare.
Lo trovai, in un angolo in basso, all’attaccatura della rete con il muretto a secco e trattenendo il fiato, lo attraversai ritrovandomi all’interno del giardino, che subito mi apparve incolto e abbandonato.
A lenti e cauti passi mi avvicinai alla casa, notando il silenzio che la avvolgeva e tendendo l’orecchio, cercavo di carpire rumori che provenissero dall’interno, ma non ne colsi e quindi mi avvicinai ancora di più.
Quando fui di fronte la porta, mi ritrovai a fissarla, poi di colpo, senza pensarci troppo afferrai la maniglia ed aprii entrando.
Mi accolse un odore di selvatico, come se, invece di entrare all’interno di un’abitazione, fossi entrato nella tana di un animale e quando iniziai a guardarmi attorno, ne ebbi subito conferma.
Ogni cosa era fuori posto: mobili, oggetti; tutto era scaraventato a terra, come se una bestia feroce avesse corso all’impazzata in quel luogo, facendo rovesciare tutto quanto aveva incontrato e sulle pareti, nitide, vi erano impressi dei graffi, profondi come solchi.
Sentivo il cuore battermi forte nel petto ma non riuscivo a spostarmi, inchiodato nel posto in cui ero fino a quando non iniziai ad udire distintamente un ringhio.
Fu graduale, poi pian pino aumentò, un suono dal profondo di una gola.
Lentamente inizia a camminare tentando di non farmi raggiungere da quel suono che riempiva la mia testa e che faceva pompare il mio cuore all’impazzata tanto che i suoi battiti, risuonavano forti e chiari nelle mie tempie.
Poggiavo i piedi con cura, attento a dove li posavo, tentando di non far rumore e lentamente attraversai la casa giungendo a quello che sembrava fosse uno studio.
Una scrivania antica era posta al centro della stanza e mentre tutto intorno ad essa era disordinato come il resto della casa, su di essa tutto era tenuto in perfetto ordine.
Una vecchia macchina per scrivere era al centro ed al suo interno, vi era il foglio su cui era stata scritta la prima riga: “Era la notte di Hallowen quando il ragazzo con la tuta con su disegnato lo scheletro, entrò nella mia casa ad io lo feci mio.”
Leggendo quelle parole sentii il sangue gelarsi nelle vene e la mente gridare forte un segnale di pericolo, ma il corpo si rifiutava di eseguire il comando, restando li ad osservare quei caratteri, poi il ringhio si fece più forte ed un dolore lancinante alla coscia mi fece risvegliare dal torpore.
Il vecchio era li e mi fissava con occhi feroci, mentre un rivolo di sangue gli colava da un angolo della bocca.
Lo asciugò distrattamente con una mano, una grande mano coperta di peli, avvicinandosi lentamente con ampi passi.
Sentivo la ferita sulla coscia pulsare sordamente ed il sangue scorrere lungo la gamba fino alla caviglia, inzuppando la tuta mentre un prurito alle mani divenne insopportabile al punto tale che inizia a grattarle convulsamente. Il vecchio rise poi mi prese per le spalle.
Chiusi gli occhi convinto che sarei morto di li a poco, azzannato alla gola da quell’essere ghignante, ma non accadde.
Mi fece sedere a forza alla scrivania, facendomi posare le mani sulla tastiera e come se animate di vita propria, le dita iniziarono a pestare sempre più velocemente sui tasti, andando a riempire il foglio che avevo di fronte. Il vecchio lo sfilò, lo lesse e ne inserì un altro che con la stessa foga e velocità, le mie mani lo riempirono, poi un altro, ed un altro ancora, in un ritmo serrato ed ipnotico.
Quando ebbi finito, con mio grande stupore, constatai che il prurito era svanito e che il vecchio teneva tra le mani un fascicolo di fogli scritti.
“Ora va a casa e non raccontare a nessuno quanto è accaduto.” mi disse in un tono che non accettava repliche e così feci.
Una volta giunto a casa mi spogliai e mi lavai e mi accorsi che sulla coscia, del morso, non vi era quasi più traccia e sfinito, mi addormentai.
Il giorno successivo avevo quasi dimenticato tutto e dopo una settimana circa, nemmeno ricordavo più di essere entrato in quella casa, fino a quando non giunse di nuovo Ottobre e con esso Hallowen.
La mattina del 31 mi svegliai strano, ed uno strano malessere nel corpo mi fece passare tutta la giornata quasi nascosto, facendomi sfuggire ai miei genitori ed ai miei amici, ma quando giunse il crepuscolo, quando stavo preparandomi per uscire mascherato, il dolore alla coscia si risvegliò, facendomi trasalire.
In un secondo ho rivissuto tutto quanto accadde l’anno precedente ed il forte prurito che pervase le mie mani la volta prima, si ripropose violento ed inarrestabile.
Disperato mi guardavo intorno incapace di capire bene quanto mi stesse accadendo, poi capii.
Mi sedetti, presi carta e penna, chiusi gli occhi e tutto fu compiuto. Quando il prurito ebbe fine, avevo riempito fogli su fogli nella mia calligrafia fitta e lievemente irregolare.
Posai tutto in un cassetto dopo averli guardati sbigottito ma in un certo senso sollevato ed uscii, tenendomi bene alla larga dalla casa del vecchio.
Che fine fece lui, non lo seppi mai, ma sapevo che ogni anno, ad Hallowen, il prurito iniziava ed io per placarlo scrivevo e scrivevo, poi purtroppo divenne incontrollabile e non ho potuto più smettere di farlo.


On Hallowen night

It used to happen only on Halloween night, at least the first few times, but then, unfortunately, it became more frequent and I could no longer control it.
It all started one Halloween night many years ago, when my friends and I went around the block dressed up, shouting the classic "trick or treat".
I remember that I masked myself as a skeleton, wearing a hood over my face and a suit on which, badly, they had drawn the bones, some of them missing. I had to make do as it was not a good time for my parents, especially on the economic side, so they could not spend much on what they considered one of the stupidest holidays of the year.
"From the Americans we only get the most useless things. " my father mumbled every year, but I was having fun, at least until that night.
So, dressed as a skeleton, we visited almost all the neighbours' houses, getting little or nothing as it was not customary to celebrate the night of the spirits and we were the first children to go around and the people who opened the door to us were astonished, not because of our appearance, but because they were not at all used to receive such visits and that's why our loot was so poor.
"Come on, let's try to go to the old man's house. " said a friend of mine at one point, adjusting his zombie mask, which was twice his size, so big that at every step it shifted over his face, covering his eyes and preventing him from seeing where he was going.
A shiver ran down my spine at those words and I noticed that the others were uncomfortable too, but no one said anything to avoid being called a wimp.
"Yes, come on, let's go. " I pressed on, wanting to be the brave one, pretending to walk while the others were stunned. "No no, where are you going. " they said, almost in chorus, making me turn around.
I looked at them and something in me gave way, replacing fear with curiosity, and that was my downfall.
In our town there lived an old man who was very strange in fact. He lived alone in a house at the end of one of the more isolated streets and was rarely seen around except at dusk and almost always, winter and summer, wearing a hat pulled down on his head and very dark glasses, so that no one had ever seen his face. He would appear in the garden of his house, only for a few moments, then as soon as he appeared, he would disappear, making people start asking how he lived, since no one had ever met him out shopping.
He had aroused interest at first, then everyone got used to him and forgot about him, all except the boys, who started to spread rumours about him, so much so that he eventually became the "weird old man or crazy old man".
So, with this curiosity of the unknown, I set out for his house and when I arrived, I realised that no one had dared to follow me and with a thin smile on my face, hidden by my hood, I began to scrutinise the boundary wall in search of a hole or at least an opening I could go through.
I found it in a lower corner, at the junction of the net with the dry stone wall, and holding my breath, I went through it and found myself inside the garden, which immediately appeared uncultivated and abandoned.
With slow and cautious steps I approached the house, noticing the silence that enveloped it, and stretching out my ear, I tried to pick up noises coming from inside, but I didn't catch any, so I approached even closer.
When I was in front of the door, I found myself staring at it, then suddenly, without thinking too much about it, I grabbed the handle and opened the door.
I was greeted by a wild smell, as if, instead of entering a house, I had entered the den of an animal, and when I began to look around, I immediately confirmed this.
Everything was out of place: furniture, objects; everything was thrown to the ground, as if a ferocious beast had run wild in that place, knocking over everything it came across, and on the walls, clearly marked, were scratches as deep as furrows.
My heart was pounding in my chest, but I couldn't move, pinned to the spot until I began to hear a distinct growl.
It was gradual, then gradually increased, a sound from the depths of a throat.
Slowly I began to walk, trying not to be caught up by that sound that filled my head and made my heart pump so wildly that its beats echoed loud and clear in my temples.
I put my feet down carefully, careful where I put them, trying not to make any noise, and slowly crossed the house to what seemed to be a study.
An old desk stood in the middle of the room and while everything around it was as untidy as the rest of the house, everything on it was kept in perfect order.
An old typewriter was in the middle of the room and inside it, there was the paper on which the first line had been written: "It was Hallowen's night when the boy in the suit with the skeleton drawn on it, came into my house and I made him mine." Reading those words I felt the blood freeze in my veins and my mind shouted out a danger signal, but my body refused to carry out the command, remaining there to observe those characters, then the growl became louder and a stabbing pain in my thigh made me wake up from my torpor.
The old man was there and stared at me with fierce eyes, while a trickle of blood ran from the corner of his mouth.
He absent-mindedly wiped it away with one hand, a large hand covered with hair, slowly approaching me with wide strides.
I could feel the wound on his thigh throbbing deafeningly and the blood flowing down his leg up to his ankle, soaking his overalls while an itch in his hands became unbearable to the point that he began to scratch them convulsively. The old man laughed then took me by the shoulders.
I closed my eyes, convinced that I was going to die in a short while, bitten in the throat by that sneering creature, but it didn't happen.
He forced me to sit down at the desk, making me put my hands on the keyboard and, as if animated with a life of their own, my fingers began to pound faster and faster on the keys, filling the paper in front of me. The old man pulled it out, read it and inserted another one which, with the same eagerness and speed, my hands filled, then another, and another, in a tight and hypnotic rhythm.
When I had finished, to my amazement, I noticed that the itching had vanished and that the old man was holding in his hands a file of written papers.
**Now go home and tell no one what happened," he said in a tone that accepted no reply, and so I did.
Once home, I undressed and washed myself and I noticed that there was almost no trace of the bite on my thigh and, exhausted, I fell asleep.
The next day I had almost forgotten everything and after a week or so I couldn't even remember entering the house, until October came again and with it Hallowen.
On the morning of the 31st I woke up strange, and a strange ache in my body made me spend the whole day almost hiding from my parents and friends, but when dusk came and I was getting ready to go out in disguise, the pain in my thigh woke up, making me wince.
In a second I relived everything that had happened the year before, and the strong itch that had pervaded my hands the previous time came back, violent and unstoppable.
Desperate, I looked around, unable to understand what was happening to me, then I understood.
I sat down, took a pen and paper, closed my eyes and everything was done. By the time the itching was over, I had filled in paper after paper in my thick, slightly irregular handwriting.
I put everything in a drawer after looking at them, astonished but in a certain sense relieved, and went out, keeping well away from the old man's house.
What happened to him, I never knew, but I knew that every year, at Hallowen, the itching would start and I would write and write to quell it, then unfortunately it became uncontrollable and I could no longer stop doing it.

Translated with www.DeepL.com/Translator (free version)



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4 comments
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Letto di corsa e col fiatone!
Continua con il tuo prurito! :D

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Promesso .. grazie a tutti per il supporto

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