Il sorriso della Banshee

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[Fonte della foto il web]

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L’alba sorgeva lentamente, tingendo di rosa i contorni del castello avvolto nella nebbia fitta della brughiera.
La vita lentamente riprese con i suoi mestieri ed occupazioni e fratello John, insieme ai suoi confratelli, si recò ai suoi doveri, dopo aver assolto ai compiti spirituali nella cappella. L’eco dei canti ancora non si era spenta ed in corteo uscì dal portone lasciando l’abside vuoto. Si strinse nel mantello rabbrividendo al fresco vento che gli carezzò il viso, poi si recò in erboristeria dove si dedicò ai suoi decotti ed alle sue piante, assorbendosi così tanto nel lavoro da non accorgersi di quanto tardi si stesse facendo, se non quando si rese conto che, ormai, si andava all’imbrunire.
Come erborista era esentato dalle funzioni monastiche se non per le preghiere del mattino e per i vespri, e quindi doveva affrettarsi a raggiungere i fratelli per unirsi al coro. Prese la mantella ed uscì ripromettendosi di tornare a sistemare i decotti non appena terminato e così fece.
Giunse di nuovo in erboristeria e non ne uscì che a notte fonda, felice e soddisfatto del proprio lavoro.
Camminava per la piazza principale del castello, ben avvolto nel suo mantello quando una dolce melodia giunse ai propri orecchi. Un suono dolce ed allo stesso tempo ancestrale, che lo fece voltare e cercare con lo sguardo il punto da cui provenisse il suono e individuatolo, scorse una donna avvolta in un manto che suonava un’arpa, pizzicando delicatamente le corde che producevano quel suono tanto attrattivo. Restò qualche attimo ad osservarla, poi quando ella si avvide di essere ascoltata, sollevò il viso ed incrociò lo sguardo del frate per un attimo, prima di sparire nella nebbia. Fratello John restò qualche attimo ancora a guadare nella sua direzione, poi si incamminò di nuovo raggiungendo i propri alloggi e stesosi nella sua branda, si addormentò con la melodia che gli fece da ninna nanna.
Il giorno seguente ripeté i suoi compiti con la stessa solerzia di sempre, ma con un desiderio nuovo nel cuore: riascoltare la melodia e rivedere la donna; e con questo desiderio si attardò nel suo laboratorio, uscendo solo quando la luna fu alta in cielo e la brughiera circostante il castello fosse illuminata a giorno.
Fermo al centro della piazza, attese, e la sua attesa fu premiata poiché nel silenzio della notte, le dolci note dell’arpa riempirono l’aria. Chiuse gli occhi ascoltando poi riaprendoli scorse ancora la donna che, stavolta, lo fissò con occhi tristi, poi con grande stupore del frate, accompagnò alla melodia con un canto ancora più dolce che lo penetrò nel cuore. Restò immobile ricambiando lo sguardo fino alla fine del canto, poi si avviò. Così per ogni giorno: si alzava, partecipava al coro, andava in laboratorio ed usciva a notte fonda per
ascoltare il canto della donna che sembrava cantasse solo per lui, fissando lo sguardo in quegli occhi tristi, ma allo stesso tempo dolci.
Così accadde per 30 giorni e 30 notti, la storia si ripeteva come sempre, a notte fonda, chiuso il laboratorio, si fermava al centro della piazza in attesa del canto che però, quella sera, iniziava a tardare. Ruotava la testa intorno a sé, cercando la donna, tendendo l’orecchio in attesa del suono dell’arpa che , non giungeva. Il suo cuore si riempì di tristezza e sgomento, poi un dolore improvviso ed intenso sostituì i sentimenti, togliendogli il fiato. Portò entrambe le mani al petto, respirando a fatica, sentendo le forze lentamente scorrergli via dalle membra e non poté far altro che adagiarsi a terra, stendendosi, notando come quella notte non vi fosse luna. Lacrime calde fluirono dai suoi occhi e quando stava per arrendersi al pensiero che non l’avrebbe mai più rivista, la musica riempì di nuovo l’aria accorgendosi di quanto fosse vicina. Con fatica ruotò la testa scoprendo che la donna, era accanto a lui, a pizzicare dolcemente le corde dell’arpa. I suoi occhi erano pieni di lacrime ma suonava fissandolo in volto, incatenando i loro sguardi fino alla fine della melodia e quando l’ultima nota si spense nella notte, in un sussurro gli parlò. “ Il mio compito ora è assolto, così come la tua vita su questa terra. Mi hai udita e vista perché l’anima conosce in anticipo quando il corpo finirà di esistere ed io sono stata inviata a te per prepararti a questo momento. Hai molto amato in vita e questo tuo amore è stato ripagato.” La sua voce era dolce quanto quella dello strumento, e quando lentamente le posò una mano sul volto, lui la sentì gelida ma non ne ebbe paura, anzi, sul suo viso un sorriso si aprì. Al mattino quando il castello si rianimò un uomo anziano lo trovò riverso sul suolo, immobile e freddo, ma con quel dolce sorriso sul volto, l’uomo raccontò a tutti che quello che aveva in volto, era quello che veniva chiamato il sorriso della Banshee.



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